Fauglia 1976 - un brutto pomeriggio d’estate
Era l’inizio dell’estate del 1976, ero in rotte con Luca, il mio ragazzo storico, ed andai, senza di lui, a Fauglia con altri amici, a casa di Massimo.
Eravamo in tanti amici e c’era anche Alessandro. Io lo conoscevo solo superficialmente.
Era un bel ragazzo moro, con la carnagione scura, alto e magro, intelligente, studente di medicina, magari un po’ freddo, ma mi piaceva soprattutto perché non faceva il cascamorto come tanti altri.
Appena arrivati a Fauglia, Alessandro mi disse che mi doveva parlare in privato e mi invitò ad accompagnarlo a fare un giro nel giardino intorno alla casa: mai e poi mai avrei pensato quello che mi stava per accadere… Forse avrei dovuto immaginarlo? Cominciammo a camminare lungo una piccola discesa, ero tranquilla e incuriosita. Primo pomeriggio, sole, venticello e alberi che sembrava volessero sussurrarmi qualcosa, il rumore lontano delle risate degli amici, lui camminava e parlava davanti a me. Ogni tanto gli dicevo di rallentare e di aspettarmi, ma lui proseguiva, continuando a parlare del nulla senza mai girarsi. Ad un certo punto finalmente si fermò ad aspettarmi. Visto da dietro, con la sua Lacoste blu ed i suoi jeans, erano evidenti le sue spalle larghe ed il suo bacino stretto, insomma mi sembrava proprio un bel tipo. Arrivammo ad un piccolo slargo, mi prese la mano e si avvicinò a me e mi prese per un braccio, con forza, immobilizzandomi contro un albero, senza porsi minimamente la domanda se io fossi d’accordo con le sue intenzioni…..ebbi la sensazione che non ci fosse niente di romantico nel suo sguardo. Non capivo. Più gli chiedevo cosa volesse dirmi e cosa volesse farmi, e più si avvicinava col suo corpo, senza dare la minima importanza a ciò che stavo dicendo. Mi guardava come se fossi un oggetto. Non traspariva nessuna emozione, nemmeno un mezzo sorriso. Percepivo che stava per accadere qualcosa di poco piacevole. Mi sentivo come già mi ero sentita in uno dei miei sogni ricorrenti e cioè incapace di reagire, immobile.
Confusa nel mio cervello, molle ma nello stesso momento pietrificata nel mio corpo.
Tremavo e mi domandavo cosa ci facessi lì. Lo conoscevo appena, non lo capivo, parlava e non lo sentivo. Ero imprigionata nel mio corpo senza forza. Lui aveva, nella sua mano, la mia mano che cercava di inserire nei suoi pantaloni mentre io lo guardavo in volto e incominciavo a piangere. Ma riuscii a svincolare la mano, che teneva strettissima, solo grazie alla zip dei suoi jeans che sembrava non volersi aprire con una sola mano.
Io indietreggiai e lui si avvicinò viscido, con la zip aperta, mostrandosi senza alcun pudore. Speravo di fargli pena con le mie lacrime, ma niente continuava ad avvicinarsi ...finalmente mi uscì la voce e urlai, urlai e urlai ancora. Mi sentii un gigante e lo vidi in tutta la sua piccolezza. Mi pregava di non dire niente a nessuno, di non parlare, di non urlare ma io cominciai a risalire di corsa verso la casa di Massimo. Non mi sembrava più un pomeriggio di sole, correvo e il cuore andava a mille. Finalmente arrivai alla villa e non dissi niente.
Perchè non dissi niente? Non vedevo l’ora di scappare da lì, ma non dissi niente a Cristina e neanche a Lorella.
Quando lui arrivò era visibilmente disturbato, imbarazzato, arrabbiato, muto, timoroso che raccontassi l’accaduto.
Dopo qualche anno seppi che si era fidanzato una mia carissima amica.
Oddio che disagio per me! Cercai di spiegare con che brutta persona si era invischiata, ma non le ho mai raccontato quello che mi aveva fatto. Il perché non lo so ancora, non ne ho mai avuto il coraggio, come se la colpa di quello che mi era successo fosse mia.
Per fortuna lei, dopo un periodo di allontanamento da me, lei ha ripensato al mio atteggiamento ed ha capito anche il mio “non dire”. Dopo qualche mese ha chiuso la relazione con Alessandro.
Era l'inizio dell’estate del 1976 e allora non si raccontavano agli altri queste cose.
Allora era una cosa di cui vergognarsi e si taceva.
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